Una scala che non è una scala

Per prima cosa vede la chiocciola. A volte la chiocciola si muove, a volte resta ferma come la statuetta che è. Sorriso ebete, ceramica bruna. Se si eccettua questa variazione, la giornata inizia sempre allo stesso modo. Il segnalibro spunta da pagina 93 di Vicino al cuore selvaggio, Vicino al cuore selvaggio è sul comodino in cima ai libri non letti, l’unica frase riconoscibile di tutta la pagina è: “Poi la felicità finì”. Il resto è scritto in scarabocchi che tremando si scambiano il posto, e così le pagine precedenti e successive, la quarta, l’indice e il colophon.

Stamattina la chiocciola è ferma.

Pensa, ha già pensato, di scorrere ogni pagina di ogni libro in camera sua, poi di fare lo stesso con i volumi che riposano tra la polvere degli scaffali in salone. Una pagina dopo l’altra, attentamente, per vedere se frasi comprensibili restano fisse nel caos dell’inchiostro; poi annotarle, scoprire quale rompicapo gli propongono con il premio di un senso. Forse comporranno una storia, quei monconi di storie; forse, cucendo la voce frammentata di autori diversi, tra le righe di un quaderno gli risponderà la sua.

L’idea lo atterrisce. Prolungare un’attenzione così minuziosa, così satura di aspettative: che succederebbe se l’unica frase rimasta fosse: “Poi la felicità finì”?

La chiocciola si è mossa. Si è mossa? La chiocciola è ferma. Oltre la chiocciola sul davanzale, il cielo di un solo colore e le montagne lontane, piccole e bianche. Sa cosa succederà, di lì a poco. Sarà una sua scelta e sarà inevitabile, perché tra arbitrio e destino esiste un patto segreto, siglato alla luce del sole, di cui pochi sanno e che tutti, prima o poi, dimenticano.

Dovrebbe iniziare la sua caccia al senso, ma il pensiero non matura in coraggio, il coraggio in azione. Quando guarda i dorsi sugli scaffali, immagina i libri come stelle nella notte: alcune di esse riscaldano mari, foreste e forse città in cui sbocciano vita, morte e forse domande. Ma se ogni stella, ogni singola stella abbracciata dallo sguardo riscaldasse soltanto gas e roccia? Se fosse un lumino nelle tenebre che pian piano si spegne, nessuno a testimoniarne la fine? Non vuole provare che la sua libreria è una galassia morta. Meglio il dubbio, la poca speranza che dà.

La notte gli manca. È molto che non è stanco e rimanda a domani. Ora c’è solo il mattino: pagina 93, i libri, la chiocciola; dividere il tempo non in cifre che crescono e poi ripartono da 1, in soli e lune, in sere piovose e giorni di sole, mesi, anni; ma in divagazioni: stagioni calde e sensuali oppure gelide e astratte puntellate dagli astri fissi di un’identica mattina: la chiocciola, Vicino al cuore selvaggio a pagina 93, il cielo terso alla finestra; sette piani di scale; la scala che non è una scala.

Non ancora. Prima di cedere alla volontà-destino, vuole spingere la mattina più in là, stiracchiarne le forme fino al dolore e trattenere la sua risurrezione in una mattina identica.

La chiocciola è ferma, di ceramica bruna. Lo chiama.

Deve assordarla, lo ha già fatto e sa farlo. Gli occhi chiusi con forza, si abbandona a una nuova stagione. Inizia elencando gli animali con conchiglia a spirale: chiocciola, nautilo, ammonite; poi quelli che formano una spirale con altre parti del corpo: il camaleonte e il cavalluccio marino con la coda, il muflone con le corna; quando si attorciglia, un serpente crea delle spire. Presto gli animali si confondono come le vocali e le consonanti nei libri, resta solo una spirale circondata da scarabocchi: spirale intrauterina, metodo anticoncezionale; spirale logaritmica, vaga memoria geometrica; spirale della chiocciola, dei sette piani e della scala che non è una scala.

“Poi la felicità finì.”

Una volta – questa divagazione va bene: è senza spirali – gli è venuta un’idea per un racconto. Un gruppo di persone che parlano poco si riunisce per praticare yoga. Nel corso della pratica, capita che qualcuno stramazzi al suolo: morto. In quel momento i compagni giungono le mani al cuore e nella posizione del loto intonano l’Om Shanti. Spiegazione: gli yogi raggiungono una tale armonia tra mente e corpo che, se lo desiderano, possono causarsi la morte con la sola forza di volontà. Titolo: Pratica meditativa per aspiranti suicidi.

Il racconto non l’ha mai scritto, ciò che ha è un’idea e non un racconto, un racconto è un racconto e non un’idea, ma l’idea lo culla in uno stato di confortevole accettazione, quando traballa in mezzo alla camera tra la chiocciola, che a volte si muove a volte no – ora si è mossa – e i libri che decreteranno che esiste un senso o accerteranno che non c’è mai stato.

Apre gli occhi, va alla finestra. Mattina blu con paravento montuoso innevato. Abbassa lo sguardo sul giardino con l’erba tagliata di fresco. Fa un passo indietro. La chiocciola è sparita dal davanzale. Lo aspetta di sotto.

Sette piani e poca fatica, giusto il peso di qualche pensiero a tener curve le spalle. I libri sul comodino: chissà come sarebbe leggerli e non limitarsi a prometterseli. Joana: viverla dall’interno senza capirla, riconoscendosi e provando paura, ma solo fino a pagina 93: “Poi la felicità finì”. I piedi toccano gli scalini senza percepire il gelo del marmo, ma fuori, sotto il cielo di un blu uniforme, l’erba è una carezza. La chiocciola lo aspetta tra gli steli, piccola e viva.

Si china. Le ginocchia sull’erba, i palmi sull’erba, il viso sempre più vicino alla vita viscida della chiocciola, che ricambia lo sguardo con i corni protesi e poi si ritira nel guscio: un invito.

L’interno del guscio è buio e accogliente, come le notti in cui rimandare a domani. Si fa grande, lo avvolge. Palmi e ginocchia incontrano una superficie levigata. Potrebbe alzarsi. Invece striscia. Striscia seguendo una spirale che curva verso il basso – una scala che non è una scala –, giù, giù. Al termine della discesa la luce di una mattina, i libri interrotti o mai letti, la statuetta di ceramica che sorride dal davanzale; il panorama come la scenografia di un palco vuoto; la chiocciola che cade e già lo aspetta di sotto. Sta lì, la sua scelta che è anche destino. Dove finiscono le divagazioni.

Un racconto di Carlo Maria Masselli

Illustrazione di Francesco Paci

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