Emily (dopo la fine)

Quando ha chiuso la porta, in quel silenzio improvviso, mi sono ascoltata. Gli ho parlato a lungo anche se lui non c’era più. Sapevo che non sarebbe tornato. Dopo aver udito il rumore della sua automobile che si allontanava, avrei voluto ubriacarmi e invitare tutte le mie amiche a festeggiare. Invece, no. Non bevo mai. E così ho preferito contemplare da sola la levità della sua assenza. Finalmente, mi ero liberata di un uomo ingombrante. Ho sempre sospettato che dietro il suo aspetto benigno e rassicurante ci fosse qualcosa di oscuro. Lui è un uomo malato, ossessionato. Aveva sempre voglia di fare sesso, non riusciva a pensare ad altro. Ne è patologicamente dipendente e dovrebbe farsi curare. Lo so con certezza perché curare le persone è il mio lavoro. Così, anni di vita comune, di progetti, di viaggi e di grande passione si erano dissolti in pochi minuti, erano evaporati, non esistevano più. 

Nelle prossime settimane, raccoglierò tutte le sue cianfrusaglie per gettarle nei bidoni o regalarle all’Esercito della Salvezza. Non saprò che farmene di un vecchio paio di sci o di un set di ferri. Non sciava e non ha mai giocato a golf. Provo a immaginarmi un homeless che cammina con le sue scarpe lucide o dorme per strada indossando il suo completo a quadri come fosse un pigiama. Ma dove sono i sacchi dell’immondizia? Li avrà presi lui? 

Lui non è fatto per vivere da solo. Di sicuro, è andato a stare dalla sua giovanissima amica. Più volte avrei voluto distruggere la sua immagine professionale presso i colleghi del Dipartimento. Ma i più anziani lo avrebbero ammirato. Un marito di cinquant’anni che instaura una relazione con la più giovane delle sue ricercatrici suscita solo l’invidia degli uomini maturi.

Ci sono molte amicizie di cui vorrei disfarmi al più presto. Penso al peso delle inutili e formali relazioni, alle cene o alle conferenze cui eravamo continuamente invitati come una coppia solida e felice. Ho sempre odiato anche i più informali BBQ dove non consumavo alcol, non mangiavo alcun tipo di carne e dove qualcuno sorrideva irritato dalla mia magrezza. Oggi, vorrei solo lasciarmi alle spalle il carico della sua presenza e diventare invisibile. Quanto tempo ci vorrà a togliermelo dalla testa? Un anno della mia vita può bastare? 

Nell’attesa delle pratiche per il divorzio, il disfarmi dei suoi oggetti inutili mi regala una leggerezza rara, sconosciuta. L’assenza di rumori nella casa vuota mi protegge dal ricordo del suo fisico atletico e torreggiante, della sua voce tonante. A volte, quando rideva, sembrava di udire la risata falsa di un basso comico da melodramma italiano. E ora che regna ovunque il silenzio riconosco tutti i ronzii degli elettrodomestici. Quando cammino per la casa, mi dissolvo come un liquido allo stato gassoso attraversando le stanze vuote. Conto i miei passi a piedi nudi sulla moquette. Mi sembra di passeggiare senza peso sulla spiaggia. I miei pasti diventano più sani e leggeri. Meno tese le mie sedute di yoga. Posso seguire la TV a qualsiasi ora senza timore di essere irrisa o giudicata. Posso rimanere muta per giorni interi, parlare a voce alta da sola, desiderare di avere i capelli decolorati o sognare di tatuarmi ogni parte del corpo comprese le mani e il volto. Mi vedo luminosa come una santa medievale.

Questa mattina, per la prima volta da quando se n’è andato, sono salita sulla bilancia. Sto ingrassando.

Un racconto di Andrea Scagliarini

Illustrazione di Francesco Paci

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