Luca Palino

Tacco 12

Alzai appena lo sguardo dallo schermo del pc, giusto il necessario per inquadrarlo.

Lui si limitò a un formale buongiorno, a parlare fu solo il capo servizio.

“Direttore, le presento il ragionier Barville, vincitore del concorso, si occuperà dei fascicoli personali.”

Pallido e magro, notai le dita affusolate ed eleganti.

Bofonchiai un benvenuto e li congedai.

Non erano ancora usciti dall’ufficio che già ero tornato ai miei video preferiti.

*

Dopo un paio di settimane Barville bussò alla mia porta.

“Direttore, in archivio non ho rinvenuto il Suo fascicolo.”

“Perché lo cerca?”

“Sto riordinando le cartelle in vista della dematerializzazione di cui all’ultima circolare.”

“Un’altra circolare, alla Direzione centrale non sanno come occupare le giornate!”

Chiusi il pc, mi alzai e girai intorno alla scrivania.

“Il mio fascicolo lo curo di persona.”

“Non mi risulta che il regolamento di organizzazione ammetta la tenuta del fascicolo da parte del diretto interessato.”

“È la prassi per le posizioni di vertice.”

“Se è così, si tratta di una prassi contra legem.”

“La mia cartella è perfettamente in ordine.”

“La ratio della normativa implica la gestione di tutte le posizioni a cura di un unico soggetto, a sua volta sottoposto, come io sono, al controllo del Collegio dei revisori.”

“I revisori non hanno mai eccepito nulla al riguardo.”

“Forse, finora, non sono stati resi edotti al riguardo.”

Avvertii il surriscaldamento delle orecchie, mentre le sue mantenevano un flemmatico biancore, al pari delle sue mani, con quelle dita da pianista.

“Mi compiaccio delle sue nozioni di diritto, tuttavia la competenza giuridica è un’altra cosa, non si improvvisa.”

Rimase in silenzio, lo sguardo calmo e distaccato.

“Il mio fascicolo sta bene dove sta, prosegua pure nel riordino delle altre cartelle.”

Gli voltai la schiena per tornare alla scrivania.

“Preferirei di no.”

Cercai di girarmi lentamente, ma le orecchie dovevano essere paonazze.

“Lei non è chiamato a preferire, ma a eseguire le disposizioni dei superiori!”

“Ai sensi dell’art. 17 del testo unico Le chiedo di formulare questo ordine per iscritto, indirizzandolo anche al Collegio dei revisori.”

Una botta di sudore mi invase le ascelle, poi fu la volta della fronte.

“Ho molto da fare, nei prossimi giorni consegnerò il fascicolo.”

“Dovrebbe consegnarmelo adesso.”

“Lo consegnerò domani.”

“Preferisco di no.”

*

Dopo un altro paio di settimane ribussò alla mia porta.

“Direttore, per correntezza amministrativa Le notifico a mano la presente.”

Era una busta giallina.

Stoppai il video, chiusi il pc e la aprii, con la salivazione azzerata.

L’Ufficio spese mi invitava a fornire delucidazioni su scontrini e fatture a corredo delle mie pratiche di missione.

Barville mi stava davanti, esangue e sereno.

Con le pulsazioni in aumento, lessi i dettagli.

“Dunque qui si insinua che le mie ricevute si riferirebbero a una coppia piuttosto che a un singolo.”

Lui non batté ciglio.

“Dove sta scritto che non posso prendere due primi o due dessert? Oppure due espressi, invece di chiedere direttamente un caffè doppio?”

“Secondo l’id quod plerumque accidit, il pasto di una sola persona non prevede la duplicazione di ogni portata.”

“Vuole forse, coi suoi latinismi, sindacare il mio appetito?”

Le sue mani penzolavano placide, frapponendosi alle immagini dell’ultimo viaggio di lavoro, la discrezione del portiere del Palace hotel, la luce soffusa della camera, la camiciola trasparente di Selene, funzionaria di comprovata esperienza.

“Bando alle ciance, basta specificare che erano pranzi di rappresentanza in trasferta nel capoluogo”, presi la carta intestata, scrissi velocemente qualche riga, firmai e gli porsi il foglio.

“Ecco, lo inserisca nel mio fascicolo.”

“Preferirei di no.”

“Ah, ci risiamo!”

“È necessario indicare i nominativi dei commensali a carico del nostro bilancio.”

“Al momento mi sfuggono”, non potevo certo tradire Selene, col marito collerico che si ritrovava.

“Inoltre la data da Lei apposta non è veritiera.”

“Ho firmato ora per allora!”

“In tal caso va chiesta apposita deroga alla preposta Commissione.”

“Non ho tempo per occuparmene!”

Tornai ad allungargli il foglio.

“Preferisco di no.”

Le sue mani non si mossero, la carta fluttuò beffarda fino al tappeto.

*

La annunciata bonifica di tutti i computer dell’Amministrazione mi inquietava.

Un virus si era propagato in intranet e nella posta elettronica.

Mi auguravo impropri utilizzi delle risorse informatiche più gravi dei miei: un bel capro espiatorio, magari un cretino che, anche solo per noia, avesse provato a entrare nel dark web.

In ogni caso, per i miei passatempi, decisi di prendere distanza, almeno un centinaio di chilometri.

Coi giusti contatti, entrai in un nuovo giro.

Mi parlarono di una mistress dal volto coperto, non era chiaro se trans o travestito, riceveva solo nei weekend.

*

Entrai nella stanza, piccola e ordinata.

Una figura sottile, fasciata in una guaina fin sulla testa, mi dava la schiena.

Mi inginocchiai, in ammirazione del tacco 12.

Girò il capo e sperai, nonostante la maschera, in uno sguardo di assenso.

Feci per avvicinare la lingua alla pelle lucida di uno degli stivaletti, ma il piede si ritrasse.

“Preferirei di no”, lo disse pacatamente, mentre riconoscevo le sue mani da pianista.

Spiazzato eppure fremente, opposi resistenza.

“Preferisco di no”, ed entrò in azione.

Al pronto soccorso dichiarai di essermi ferito con un punteruolo, in effetti non così dissimile da quel tacco 12.

Un racconto di Enrico Marinaro

Illustrazione di Luca Palino

Lascia un commento