Vorrei vedere voi

Vorrei vedere voi se tutte le sere, come me, doveste scendere giù nel seminterrato per uccidere vostro
padre.
Il mio esige di essere chiamato con il nome originale: Darth Vader. La scelta del luogo spetta a me in
quanto sfidato; ieri ho optato per una delle isolette verdeggianti di Ahch-To. Gli concedo cinque minuti,
poi lo disarmo e lo atterro stando attendo a non fargli male. Giù disteso sancisce la fine del duello: Bravo!
Non lasciare che ti distrugga, con la voce distorta dalla maschera che ne evidenzia il respiro, come le
macchine per l’ossigeno in ospedale. Riponiamo le spade dietro la rastrelliera dei pesi, lui si aggiusta il
mantello nero. E tutto ricomincia.
Tutto torna a quando non so (non dovrei sapere) che lui è mio padre. C-3PO e R2-D2 da un angolo
assistono, inermi, allo scontro; Ian Solo e Chewbecca staranno vagando in chissà quale dimensione
remota. Se solo conoscessi il lato oscuro della forza, dice prima che le nostre spade si incrocino.
Sottintende come lo ha conosciuto il resto della nostra famiglia. Lui non sa (o non ammette) che in realtà
sono caduti sotto una forza di cui non ha alcun controllo.
Io sono l’unico superstite.
E per questo sono il suo nemico naturale.
Vorrei vedere voi allenarvi due ore al giorno; tre pasti, tutto pesato, carne rossa massimo una volta a
settimana. Vorrei vedervi mentre evitate di incontrarlo prima e dopo il parricidio giornaliero, virando nei
turbinii di pulviscolo tra un pianeta e l’altro, tra una galassia e l’altra. Obi Wan Kenobi, Yoda, la
principessa Leila e Carlissian non interverranno mai in vostro soccorso: inermi, come congelati, in questo
spazio siderale. Manca Ian Solo: forse sta ancora cercando sé stesso, oppure è stato risucchiato in qualche
buco nero.
A volte credo che il punto di rottura sia stata la morte di Chewbecca. In quanto copilota gli spettava il
posto passeggero, che si andasse in vacanza o in ospedale. Voi sapevate che i cani si ammalano delle
nostre stesse malattie croniche?
Il giorno in cui ha seppellito Chewbecca in giardino, mio padre ha tolto dal seminterrato la tavola
allungabile, quella dei pranzi di Natale e dei cenoni dell’ultimo dell’anno, i mobili e il barbecue per
stendere un pavimento gommato e far posto a vogatore, tapis roulant, sacco da box, panca, manubri,
bilancieri e una rastrelliera di pesi dai due ai venti chili; ha tappezzato con i suoi vecchi poster patinati
della Galassia di Guerre Stellari la vetrata della veranda e le finestre del bagno, del soggiorno e della
cucina; in ogni stanza della casa ha piazzato un action figure della saga a dimensione naturale:
cianfrusaglie sedimentate in soffitta da chissà quanti anni e scampati alle pulizie di mia madre.
Io mi limito a traslare i poster per riprodurre l’idea della rotazione, a spolverare le statue e a comprare
verdura, carne e pesce rigorosamente alla bottega biologica. A farmi trovare ogni sera in palestra con
addosso il kimono color nocciola preso su Amazon, tenuto saldo dalla cintura verde che mi ha ceduto un
mio amico judoka, e il neon di luce verde impugnato con entrambe le mani.
A dire che esco in missione quando ho gli screening periodici.
Ci vado con la Skoda Fabia, un tempo soprannominata la nostra Skoda Falcon. Ora papà non la usa più.
A volte penso la veda come una navicella nemica.
Era la macchina dei via vai dagli ospedali.
Sdrammatizzava dicendo Dovete abbracciare anche voi il lato oscuro della forza. Prima con i miei nonni
materni, in ordine la nonna poi il nonno, che ci ridevano su e la mamma si incacchiava: come poteva uno
uscirsene con questa battuta in una situazione del genere? Poi toccò a lei, seguita a ruota da mio fratello.
Loro accoglievano il suo humor nero, consapevoli che serviva invece a infondere forza a sé stesso.
Quanto a mia sorella, non fu molto il tempo per sdrammatizzare.
Lui non va più a trovarli al cimitero, non è un pianeta della nostra Galassia.
Forse ha contrapposto la Morte Nera alla morte bianchiccia che ha soggiogato anche i due cugini da parte
di mamma, emigrati chissà quanti anni fa in Francia, dei quali sono venuto a conoscenza tramite il
documento appeso al frigo della cucina obnubilata dall’Orlo Esterno: l’ultimo suo viaggio in borghese,
meta l’Anagrafe, prima di dedicarsi interamente all’Impero.

Mio padre sarà anche pazzo, ma per fortuna non fa male a nessuno e nemmeno mi obbliga a questa vita,
potrei andarmene anche domani se volessi. Forse è proprio il suo desiderio, che suo figlio si allontani da
quest’atmosfera mortifera. Sempre che abbia ancora la facoltà di desiderare.
Regolare lo spostamento dei pianeti non mi pesa, mantenere un’alimentazione salutare e svolgere attività
fisica sono la medicina migliore per prevenire la malattia. E poi almeno gli sono utile. E per lui ora sono
io finalmente il protagonista. Ruolo che per tutti e sette i lutti (sì, annovero anche i due cugini lontani) ho
solo sfiorato.
Vorrei vedere voi al posto mio, reggere tutto questo da soli e senza nessuno con cui sfogarvi.

Un racconto di Alex Guerra

Illustrazione di Alessandro Paci

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