Onnivori

Stavo in Patagonia, ho messo la mano in acqua e un’orca mi ha tirato via tutto il braccio.

È successo in Iraq, sono stato rapito.

Mia nonna aveva davvero troppa fame.

Un pitbull.

Il gatto di mia madre.

Mi ha insegnato lui a giocare quand’ero bambino. Mi ha detto che negli scacchi tutti possono mangiare tutto.

Uno squalo me l’ha mangiato.

Cazzo Gianni muoviti, sono due ore che stai pensando, e non pensare, che non serve a un cazzo, perché sei fottuto. E lo sai, lo sai anche te che se mangi il cavallo col pedone l’alfiere fa scacco matto, e allora penserai dentro quel tuo cervello da vecchio cieco e mezzo scemo che puoi muovere il re verso lidi più fortunati, e invece no Gianni, col cazzo che ci sono lidi fortunati per quel tuo fottuto re che me lo sto per inculare così forte che da bianco diventa nero, per la paura, per la paura quel figlio di puttana muore ed è inutile che rimani lì cazzo è inutile non puoi salvarti. Devi capirlo in quella tua testa bacata di merda che non puoi salvarti. ‘Fanculo nonno.

Avevo undici anni e stavo cercando il mio Batman sotto la macchina. Papà non mi ha visto…

Volevo sapere che effetto facesse.

Io l’avevo detto che non erano normali pesci rossi.

Stavo facendo un safari. Stavo facendo un safari e non si vedevano leoni.

Ero troppo bravo a boxare.

A causa di un esperimento del governo.

Gioco a scacchi con mio nonno il sabato pomeriggio.

Te l’ho detto, vecchio pazzo che non sei altro, che io sono un fenomeno, lo vedo il gioco, tutto, conosco le tue mosse sono un fottuto mago e ora muovi il pedone per lasciare spazio al cavallo per nasconderci dietro la regina e fottermi l’alfiere e ti piacerebbe Gianni, ti piacerebbe, cazzo, e io anticipo tutto e ti frego con la torre, che non è una torre è l’intera scacchiera che ti sta per fottere. E non dirmi di smetterla cazzo, ti ho fottuto in pieno, nonno. Sono mesi che non faccio altro che distruggerti in questo cazzo di giochino per handicappati. Te ne vai? Ma dove che manco ci vedi, torna qui, torna qui se sei un cazzo di uomo, torna qui, dai ti do la rivincita, torna qui, torna qui, torna qui torna qui torna qui torna qui, torna qui se mi vuoi bene, bastardo.

Ma ci sono un sacco di cose che posso fare.

Certo la NASA non mi chiamerà mai più, ma posso ancora giocare a bocce.

Sono caduto su una mina.

Tutto quello che fai con due mani io la faccio con una, chi è lo spastico?

Non sono mai stato comunista e volevo dimostrarlo a tutti.

In un’area pic-nic del parco, io porto i pezzi, li posiziono e poi giochiamo.

Sei stato bravo nonno, ma dopo due anni ormai è chiaro che non puoi battermi. La vuoi una sigaretta? Ecco tieni, fermo che te l’accendo. Come te la passi vecchio? Come ti vanno le ossa? Ma proprio non ci vedi più niente? Manco un’ombra? Vuoi che ti accompagni a casa? Dalla prossima volta ti vengo a prendere sotto casa, ok? Stai sempre lì? Da quanti anni è morto Ringo? Che saranno dieci? Ma farti un altro cane? Ci stanno quelli per ciechi, no? Aspe’, per tutti questi anni, tu hai giocato a memoria?

Odio farmi aiutare.

Posso ancora farmi le seghe, almeno.

Pensa se fosse stato il destro.

Ci sono delle macchine fatte apposta.

Allora vecchio, oggi ci proviamo, ho portato una benda. Giochiamo alla pari, fanculo cazzo se perdo rosico. Non sono un baro del cazzo, se dico che la uso è perché la uso sennò mica me la portavo, no? Che dici? Certo che se non vinci contro un cieco con un braccio solo sei proprio uno sfigato del cazzo nonno, fattelo dire in amicizia. È impossibile.

La playstation mi è mancata un casino.

Scolare la pasta non è facile.

L’arto mancante? Il cazzo di tuo padre, direi.

Al ristorante ordino solo brasati.

Sì, anche io.

La pizza me la faccio tagliare, sì.

Vuoi giocare ancora vecchio? Non ti sei stancato?
Dimmi un po’: ma la mamma? Non l’hai chiamata oggi? Si è fatta vecchia anche lei, ormai. Domani dovrebbero dimetterla, vado a prenderla. Vuoi venire con me? Mi farebbe piacere e poi è tanto che non stai con le bambine, si sono fatte grandi. Mi chiedono di te. Sai le domande, no?

Meno male che ho ancora le gambe, così posso aprire il vino.

La protesi? Non mi hanno messo un piccolo cannone allora ho rifiutato.

Diciamo che se piove non posso fare shopping.

Per il preservativo devo farmi aiutare.

Mio nonno mi ha insegnato che gli spazi bianchi e neri esistono.

Mio nonno mi ha fatto il nodo alla cravatta per il funerale di mamma.

Ho perso la vista a causa di una granata al fosforo.

Ho perso la vista quando ho incrociato per la prima volta gli occhi della vostra bisnonna.

Ho perso la vista quando mia figlia ha detto la parola “papà”.

Ho perso la vista perché ho guardato troppa televisione.

Ho perso la vista per colpa del fascismo.

Ho perso la vista quando ho giocato a scacchi con mio nipote.

Ho perso la vista quando ho preferito il corpo alla mente.

Ho perso la vista perché una strega mi ha tirato della polvere magica negli occhi.

Ho perso la vista perché un unicorno mi ha sorriso troppo da vicino.

Ho perso la vista perché sono andato sulla luna e lì il sole lo puoi quasi toccare, no?

Ho perso la vista perché vostro padre è veramente brutto.

Ho perso la vista perché sono arrivato alla fine dell’arcobaleno.

Ho perso la vista perché ho perso mia moglie.

Si chiamava Adele.

Ho perso la vista del tutto.

Non vedo ombre, solo nero.

Sogno a colori.

Una volta che ci fai l’abitudine…

Mica mi manca un braccio.

Sì, faccio pipì da seduto.

Sì, mangiare il sushi è complicato, ma tanto non mi piace.

L’ultima cosa che ho visto? Il cielo.

Vorrei vedere il volto di vostro padre.  Quello della vostra bisnonna lo vedo tutte le sere.

Gli scacchi, perché negli scacchi tutti possono mangiare tutto.

Illustrazione di Michele Antolini

Giulio Fenelli

Romano DOC. Da piccolo ha frequentato corsi di equitazione circense, golf, tennis, sci alpino e appenninico, e nel tempo libero scriveva poesie. Poi ha conosciuto il whiskey e le sigarette, e alle poesie non ci ha più pensato. Sogna in piccolo: gli basterebbe scrivere il nuovo Notturno Cileno e timonare il suo Pequod.

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